mercoledì 23 luglio 2014

Il cammino per Santiago

Questo è uno di quei film che ti lasciano la possibilità di una riflessione. Un padre straziato dalla morte del figlio che si ritrova a compiere quel cammino che il giovane aveva programmato e appena iniziato, prima che un incidente lo uccidesse. Prima della tragedia, i rapporti fra i due sono conflittuali: il padre che al momento della partenza gli riserva l'ennesima predica sulle sue aspettative disattese, il figlio che gli annuncia in segno di sfida che per il resto della sua vita girerà il mondo piuttosto che sottostare ai suoi desideri di renderlo un uomo come tanti, dalla vita comune. Questo padre che si ritrova da solo in un paesino ai piedi dei Pirenei, a riconoscere la salma del figlio e poi a decidere di farlo cremare, assomiglia a tanti padri cui viene sottratta la possibilità di comunicare, di dire un'ultima volta qualcosa. La decisione successiva non è che un ultimo dono a questo figlio ormai perduto, compiere al suo posto il cammino e spargere parte delle sue ceneri lungo il percorso. Sembrerebbe solo questo, invece il viaggio gli riserva qualcosa di inatteso, una riflessione molto attenta su se stesso, la possibilità di conoscere persone molto diverse e lontane dal suo mondo, l'intuizione che anche per se stesso quel viaggio si può compiere. E l'ultimo mucchio di ceneri non può che essere sparso non a Santiago, ma oltre, nell'oceano. E si comprende che il vero dono lo fa il figlio al padre. Il viaggio di un uomo sul celebre Cammino, che sempre riserva qualcosa di nuovo e non previsto. Da vedere.
Luz

4 commenti:

  1. Leggendo questa tua riflessione,Luz,così vera e commovente,di questa storia di vite che si cercano, si amano eppure non riescono ad esprimere nella maniera più esplicita quello che sentono veramente, quello che sono e quello che vorrebbero essere, senza paura o vergogna dei propri sentimenti,mi fa venire in mente la generale incomunicabilità della nostra società. La tragedia di tanti genitori con i propri figli e di gran parte dei nostri giovani.Anche il libro e poi il film da esso tratto:"Into The Wild"narra la stessa ribellione, la stessa tragedia. La storia vera, che solo dopo dieci anni di richiesta insistente da parte del regista Sean Pen
    per ricavarne un film,i genitori ancora straziati e blindati in quel dolore, acconsentirono a renderla pubblica.Il mio augurio è che tramite la nostra memoria i giovani imparino ad essere liberi di vivere le proprie scelte a condividerle e i padri a comprenderle.

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    1. Cara Cris, ho visto il film "Into the wild" fino ad un certo punto. Non sono riuscita a finirlo, perchè troppo straziante. In quella esperienza il giovane protagonista cercava di spingersi all'estremo, toccare il confine pericoloso che separa l'umano dal bestiale, l'uomo dalla natura, e questa esperienza diventa prima lotta e poi tragedia. Qui un giovane vuole mettersi su un cammino che affrontano in tanti, per trovare quel "quid" che senti manca a te stesso. Ma le due storie hanno in effetti un aspetto essenziale in comune. Questa distanza incolmabile fra genitori e figli, due mondi inconciliabili troppo spesso. Due urgenze diverse, personalità in conflitto, scontri, sfide. Ma tutto questo merita anche altra discussione più specifica.

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  2. Non ho mai visto "Il cammino per Santiago", ma la descrizione che ne è stata fatta ha diretto, anche per quel che mi riguarda, il pensiero a "Into the wild" . Vidi quest'ultimo due anni fa e me ne innamorai. E' stato l'elemento che ha innescato in me il cambiamento, che ha riportato alla luce la verità soffocata del rapporto difficile che non ho con uno dei miei genitori, nonostante le apparenze. Credo con fermezza che fare un figlio sia molto piacevole, empiricamente parlando, e per quanto sia banale ciò che sto dicendo voglio ribadire che il seguito è una delle responsabilità più grandi che un uomo possa assumersi, se non la più grande in assoluto: formare una persona, seguirla, esserci. Personalmente, farei, ed avrei fatto, a meno di tantissime cose dal mero aspetto materiale pur di avere accanto una guida, una spalla, un sostegno e non aver dovuto fare i conti con la realtà in un'età ancòra fragile, azione che mi ha costretto a non essere me stessa. Immagino un genitore alla maniera di Voltaire che darebbe la vita per il proprio figlio affinché possa esprimersi pur non potendolo fare lui. Per quel che mi concerne, siamo ancora distanti da questo pensiero. Per tornare al film, sono del parere che sia una lezione di vita. Uno schiaffo morale e una riflessione che andrebbero accolte su un divano insieme ai genitori.

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    1. Cara Anairam, questa tua importante riflessione mi porta al desiderio di approfondire. Scriverò altro argomento più specifico e ti rispondo da lì.

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