martedì 26 agosto 2014

La cognizione del dolore


Sono parecchi giorni che ho in mente di scrivere questa riflessione sull'eco ancora presente del dolore per la scomparsa così tragica e inattesa di Robin Williams. Tutto è nato dalla lettura e rilettura di due miei compagni di viaggio, uno recente l'altro più lontano.
Pietro Citati in quell'affascinante, perspicace e raffinato libro, che ho appena finito di leggere:"La malattia dell'infinito", fa un ritratto di Joseph Roth iniziando così:"......J.Roth aveva un'immaginazione immensa...in ogni rigo che scrisse ritroviamo le ferite della sua anima, desideri impossibili, la caduta, la precipitosa discesa verso la morte....le sue storie sono un'incessante autobiografia". Sono corsa a rileggere "La leggenda del santo bevitore" e a tornare con la memoria al suo grande interprete, nel film, appunto, Robin Williams. Non so perchè, ma istintivamente questi due personaggi, così lontani mi sono sembrati molto simili e volevo trovare, ad ogni costo, la mia certezza. "La leggenda del santo bevitore"è stato l'ultimo capolavoro uscito dalle sue, di J.Roth, tremanti mani di alcolizzato. Anche lui aveva sempre fuggito qualcosa e qualcuno, era un viandante. Come il suo "santo bevitore" sprofondò nell'alcol come in un abisso. Ma, stranamente, l'alcol risvegliava in lui la potenza nascosta del riso. Racconta Citati che, la sera, nella piccola rue de Tournon, le risate erano così fragorose che dovevano accorrere i poliziotti! Roth diceva che se non avesse avuto l'alcol non avrebbe avuto buone idee. Ma mentiva, dice Citati, tutto doveva al suo genio. Ma anche l'euforia, l'eccitazione che si trasformava in limpidezza narrativa, e "La leggenda del santo bevitore" è un capolavoro in questo senso. Ma c'era anche fascino, candore,tenerezza, ironia, irrealtà, leggerezza.
Poco prima della morte J. Roth lesse agli amici una parte della" Leggenda del santo bevitore"e tornano i miracoli, tutto ciò che vive al di sopra dell'esistenza, sebbene profondamente immerso in lei, come lo è appunto Andreas, il vagabondo ubriaco. Alla fine però, appena egli cade a terra di schianto e viene portato nella sagrestia della chiesa della Santa che non riuscirà mai a vedere, la voce fuori campo di Roth commenta: "Conceda Dio a tutti noi, a noi bevitori, una morte così lieve e bella!". Joseph Roth e Robin Williams non conobbero:"la morte lieve e bella"del loro santo bevitore ma entrambi sono stati :"ALOHA" secondo la tradizione hawaiana, suscitandomi un profondo senso di tenerezza e gratitudine.                                                     Cris

3 commenti:

  1. Il tuo scritto, cara Cris, mi fa pensare al fatto che, stranamente, anche grandi tragedie umane possono essere legate alle virtù del riso. E' un po' l'icona eterna del clown che nasconde il suo dolore dietro una maschera di allegria, o ancora quella di un Pierrot sul cui volto una lacrima nera contrasta con il candore baluginante del personaggio. Uno degli ossimori che adoro, quel contrasto stridente che mi affascina e incanta e che sento appartenermi.
    Non ricordo bene il film, uno dei grandi film con Williams come protagonista, pur sapendo che questo personaggio era come cucito addosso a questo straordinario artista. Se lo hai, puoi portarlo a scuola così che possa vederlo coi ragazzi di seconda? Tanto so già che questo anno scolastico sarà anche occasione per ripercorrere le sue migliori prove d'attore. :-)
    Luz

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    1. Purtroppo non ho il film ma si può trovare e sarò felice di rivederlo insieme a te e ai ragazzi.E' una interpretazione di Robin Williams straordinaria, forse quella che mi piace di più proprio, come dici tu,per la capacità di interpretare una tragedia attraverso il velo malinconico dell'allegria.Quello che mi ha colpito è stata la descrizione del santo bevitore di J. Roth ripresa e commentata, e quindi resa più fruibile al lettore,da P. Citati.Messa a confronto, come si fa quando si vuole ricalcare un disegno,con l'interpretazione di Williams, e combaciano.Sono personaggi lontani per epoca ma così vicini per sensibilità, sempre alla ricerca di qualcosa,per valicare quella sottile linea della quotidianità che si fa tragedia ogni volta.Il desiderio costante e impellente di vivere la normalità con sogni, aspettative,desideri e certezze e,invece, ritrovarsi, come un gioco di carte, a doverle rimescolare continuamente.E la vera tragedia, quasi cosmica direi,è averne la consapevolezza.
      Cris

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    2. E' un'epica battaglia per la vita che alla fin fine è senza tempo...
      Luz

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